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Risponde su gay e terapie, psicologo condannato

Luca Di Tolve • gen 24, 2015

Fonte Avvenire Luciano Moia 15 gennaio 2015

Fa lo psicologo da trent’anni. È specializzato in psicoterapia cognitivo comportamentale, ha conseguito sette perfezionamenti universitari e tre master, ha scritto anche saggi e insegnato la materia a cui ha dedicato la vita. Ma secondo il Consiglio dell’ordine degli psicologi della Lombardia ci sarebbero lacune nelle sue conoscenze scientifiche. Tanto gravi da fargli meritare una condanna a tre mesi di sospensione. Non appena l’atto sarà formalizzato non potrà lavorare e dovrà anche cancellare da tutti i siti la pubblicità del suo studio. Vittima del provvedimento è Paolo Zucconi , 64 anni, sposato, due figli, udinese d’origine ma con studio a Milano, zona Loreto. La sua colpa? Il 19 luglio 2013, sul sito ‘guida psicologi.it’ ha osato rispondere a un visitatore che, non si sa quanto ingenuamente, aveva chiesto: «È possibile uscire dall’omosessualità?».

Zucconi articola la sua risposta citando i protocolli della terapia cognitivo-comportamentale, da tempo utilizzati con successo negli Stati Uniti ma anche in Europa, e spiega che «quando una persona avverta un evidente disagio nel suo comportamento sessuale», è possibile ricorrere a queste terapie. Apriti cielo.

Un collega napoletano chiede immediatamente la rettifica e poi lo denuncia all’ordine. Gli psicologi della Lombardia avviano un procedimento e, dopo un ‘processo deontologico’ tenutosi a Milano lo scorso 11 dicembre, gli annunciano la punizione: tre mesi senza lavorare.

Zucconi racconta che durante la seduta, lui seduto davanti a quindici colleghi, ha avvertito una grande ostilità ideologica: «Tutto sembrava già preordinato. Ho subìto un lungo interrogatorio tutto giocato sull’efficacia delle cosiddette ‘terapie riparative’. Io mi sono limitato a citare la letteratura scientifica sull’argomento, ma ho affermato di non aver mai avuto l’occasione di sperimentarne l’efficacia. Certo, ho ammesso che se un paziente mi chiedesse di essere aiutato, esaminerei il caso e non mi tirerei indietro ». Probabilmente, dice, è la frase che fa scattare la sanzione. ‘Sospeso’. L’unanimismo del pensiero unico, quando si parla di identità sessuale, non accetta discussioni. Il terapeuta che devia, anche solo in linea di principio, va criminalizzato e sanzionato.

Il presidente dell’ordine degli psicologi della Lombardia,  Riccardo Bettiga , rigetta però qualsiasi intento persecutorio e sostiene che tutto si è svolto in modo regolare. Rifiuta di entrare nel merito della vicenda – ancora in itinere e quindi a suo dire riservata – spiega che il giudizio è stato limitato agli aspetti deontologici della professione. E, a proposito delle terapie riparative, conferma quanto già dichiarato sul sito professionale. E che cioè «l’ordine degli psicologi della Lombardia difende la libertà dei terapeuti di esplorare senza posizioni pregiudiziali l’orientamento sessuale dei propri clienti, segnalando che qualunque corrente psicoterapeutica mirata a condizionare i propri clienti verso l’eterosessualità o verso l’omosessualità è contraria alla deontologia professionale». Ineccepibile, quando si tratta di ‘condizionare’. Ma se è il paziente stesso a chiedere aiuto? Se dichiara di vivere con disagio la propria sfera identitaria e intende verificare le possibilità di rimuovere l’origine del problema? In questo caso le ‘terapie riparative’ sarebbero lecite? Domande che sembrano destinate a rimanere senza risposta, perché la questione appare comunque sgradita, imbarazzante, politicamente scorretta. Lo specialista che affronta il tema rischia di finire sotto inchiesta. A questo proposito occorre ricordare che già in passato, almeno in due casi, l’ordine degli psicologi della Lombardia ha avviato procedimenti disciplinari contro terapeuti in odore di accogliere pazienti che vivevano con disagio la propria omosessualità. Un altro procedimento è in corso presso l’ordine degli psicologi della Toscana. Ed è noto il fuoco incrociato che si scatenò nel 2008 contro Tonino Cantelmi, presidente degli psichiatri cattolici, per aver sostenuto l’opportunità di affrontare dal punto di vista terapeutico il ‘disagio omosessuale’.


Anche in quel caso la lobby seppe muoversi in modo scattante e compatto, con tutto l’armamentario deontologico – e ideologico – del caso. Perché l’intera questione, secondo quanto riferiscono gli specialisti che si sono occupati del tema, sembra fondata su un enorme equivoco. La ‘terapia riparativa’ non intende affatto ‘riparare’ l’omosessualità, come fingono di credere gli oltranzisti della sessualità gaia e felice. Ma occuparsi invece di ‘riparare’ la ferita originaria nella relazione con il padre che, secondo alcuni studiosi, sarebbe all’origine dei disturbi dell’identità sessuale. Tesi discutibile? Benissimo, se ne discuta, si aprano dibattiti, si dia la parola ai sostenitori dell’una e dell’altra posizione. Invece nel 2010, una delibera dell’ordine nazionale degli psicologi, ha vietato  sic et simpliciter  qualsiasi ricorso alla ‘terapia riparativa’, con un sillogismo che – a parere di non pochi psicologi – traccia una premessa e arriva a dettare una conclusione apodittica senza dimostrare nulla.


Quando c’è in campo la soggettività della psiche – osservano gli specialisti – non può esistere un ‘pensiero unico’ e occorre chiedersi allo stesso tempo a quale scientificità si fa riferimento quando si parla di scienze umane. Come è possibile parlare di scientificità in campo psicologico per esempio, quando ci sono non pochi medici che rifiutano di considerare ‘scientifica’ la psicoterapia? Domande legittime di fronte a un provvedimento come quello inflitto a Paolo Zucconi. Ma anche in riferimento al dibattito, tutto ideologico, scatenatosi in occasione del convegno sulla famiglia promosso dalla Regione. La vicenda dello psicologo ‘punito’ forse ci aiuta a comprendere meglio quale sia il ‘pensiero unico’ che soffia sul fuoco di certe questioni e pretende di imporre una visione che è vietato discutere, se non a rischio di finire sul banco degli accusati.

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Il «gene gay»? Non esiste! Questa volta non arriva dalle varie opinioni o teorie personali , ma come " tuona" dal titolo finalmente possiamo affermare con autorevolezza ciò' che da sempre noi abbiamo sostenuto. Questo e' emerso anche sulla base di altri studi meno recenti e inoltre, aggiungo, anche sulla esperienza di cambiamento di tanti noi ora ex-gay vissuta sulla propria pelle. Ora la scienza dimostra ciò che per anni i fondatori della psicologia come Adler, Jung ,Froid e altri autorevoli sociologi e scienziati , hanno sempre sostenuto che omosessuali non si nasce ma si diventa. Il gene gay tanto desiderato da una certa lobby non esiste. Ma, come molto evidente oggi più' che mai , certo per chi lo vuole vedere, si tratta soltanto di propaganda politica e di un'agenda ben costruita dai piani alti e da una certa élite che vorrebbe creare il consumatore perfetto e distratto, dettato dalla legge del desiderio. L'obiettivo di questa agenda, infatti, non e' certo quello di essere attenta e perdersi cura del reale e profondo bisogno della persona, bensì' è creare una società' compulsiva , non solo riferito alle persone con pulsioni per lo stesso sesso, ma in generale. Le persone più' vulnerabili e fragili, vengono cosi' sedotte e conquistate e spinte a dare libero sfogo ai loro desideri, impulsi e passioni. Questo vivere, a lungo andare, porta alla distruzione della persona e genera vuoti sempre più' profondi proprio perché' i reali bisogni della persona non vengono riempiti nella maniera sana. Ecco perché' noi facciamo della nostra vita una battaglia per capire il reale e vero bisogno della persona che si nasconde dietro alle tante ferite o maschere illusorie. Solo nella Verità in Cristo e la ragione possiamo ritrovare il meraviglioso potenziale che ognuno ha dentro di se' e farlo emergere in tutta la sua bellezza e pienezza, cosi' come Dio ha pensato fin dall'inizio. Ritornando quindi al titolo : Il gene dei gay, non esiste!, ribadiamo la convinzione che per chi lo vuole, come ogni comportamento o inclinazione, cambiare si può'!! Quindi: sempre liberi di scegliere!! Articolo Fonte: Corriere della Sera 29 agosto 2019 nel articolo :I dati arrivano da un enorme studio pubblicato sulla rivista «Science» e coordinato da Andrea Ganna, un ricercatore italiano del Massachusetts Institute of Technology di Adriana Bazzi Il «gene dei gay»? Non esiste. Conferma da mezzo milione di Dna Il «gene dei gay» non esiste. Qualcuno ci aveva provato in passato a formulare questa ipotesi, ma ora un gigantesco studio genetico taglia la testa al toro: non ci sono «segni particolari» nel Dna che possano predire un’eventuale omosessualità. Lo studio ha analizzato il patrimonio genetico di oltre 470 mila persone alla ricerca di specifiche alterazioni che potessero prevedere l’ attitudine a instaurare rapporti sessuali con persone dello stesso sesso. Ma non ne ha trovate. Un mix genetico-ambientale Il che significa, precisano i ricercatori, che l’attrazione per persone dello stesso sesso ha a che fare più che con un singolo gene, con un mix di fattori genetici (sì, perché esistono migliaia di varianti genetiche, ma non significative, secondo quanto ci dice questo studio) e ambientali, così come accade per decine di altri comportamenti umani. I ricercatori, guidati da Andrea Ganna che lavora al Center for Genomic Medicine del Massachusetts General Hospital di Boston e al Broad Institute del Mit (Massachusetts Institute of Technology) sempre a Boston, hanno voluto rispondere a una serie di quesiti finora non risolti. Fattori biologici Intanto una premessa. Nelle diverse società e in entrambi i sessi, dal 2 al 10 per cento degli individui dichiara di avere rapporti sessuali con persone dello stesso sesso o esclusivamente o in alternativa con partner di sesso diverso. I fattori biologici che contribuiscono alle preferenze sessuali sono pressoché sconosciuti, ma è stata ipotizzata un’influenza genetica dal momento che certi comportamenti omosessuali si ripresentano nei membri di una stessa famiglia e anche fra fratelli gemelli sia omozigoti che eterozigoti. Da queste osservazioni preliminari sono emerse alcune domande. Etero e bisex La prima: quali geni sarebbero coinvolti e quali processi biologici influenzerebbero? In passato sono stati condotti alcuni studi alla ricerca di varianti genetiche legate all’orientamento sessuale, ma erano molto piccoli e non guidati dagli attuali criteri di analisi genetica. L’idea era quella di trovare anomalie ormonali correlate a questi comportamenti. Seconda domanda: eventuali modificazioni genetiche come potrebbero agire diversamente su persone di sesso maschile e di sesso femminile? E su cosa influirebbero: sul comportamento, sull’attrattività, sull’identità? E che ruolo avrebbero, invece, per eterosessuali ed eventualmente bisessuali? L’analisi «genome-wide association» A queste domande, dunque, ha voluto rispondere lo studio pubblicato su Science (condotto con la collaborazione di numerosi gruppi americani, europei e australiani) che ha sfruttato l’approccio «genome-wide association» (in pratica si tratta di un’analisi di tutti, o quasi tutti, i geni di diversi individui di una particolare specie per determinare le variazioni genetiche tra gli individui in esame) su omosessuali. I ricercatori hanno sfruttato i dati genetici raccolti nella Uk Biobank del Regno Unito e quelli dei partecipanti al progetto 23andMe americano, per un totale, appunto di 470 mila persone. Delle conclusioni generali abbiamo già detto. Varianti legate all’olfatto Più nel dettaglio. I ricercatori avrebbero identificato cinque varianti «significativamente» associate all’omosessualità e altre migliaia con una qualche influenza, ma prese singolarmente non hanno nessun valore nel predire i comportamenti. E fanno notare che alcune hanno a che fare con l’assetto ormonale e altre addirittura con l’olfatto. Un invito alla cautela Ma sottolinea Ganna: «Le nostre osservazioni gettano una qualche luce sui comportamenti biologici legati all’omosessualità. È necessario però astenersi da facili conclusioni perché i comportamenti umani sono complessi. E soprattutto dallo sfruttare questi risultati, ancora rudimentali, per facili propagande politiche».
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