Blog Layout

Breve storia della derubricazione dell'omosessualità

Luca di Tolve • feb 04, 2015

“IL PADRE DOV'ERA. Le omosessualità nella psicanalisi”, come occasione di un dibattito teorico, culturale e sociale intorno all'omosessualità e l’identità di genere anche nelle sue implicazioni soggettive.

BREVE STORIA DELLA DERUBRICAZIONE DELL’OMOSESSUALITA’
di Giancarlo Ricci

Il dibattito intorno all’ultima versione del DSM, di imminente uscita in Italia, pone sia nel dibattito sociologico sia nell’ambito della clinica, una serie di questioni. 

Il recente numero della rivista di filosofia AUT AUT (n. 357, curato da Mario Colucci ed edito da Il Saggiatore) dal titolo “La diagnosi in psichiatria” apre una serie di considerazioni inquietanti.


La storica della psicanalisi,  Elisabeth ROUDINESCO, in "La parte oscura di noi stessi" (Angelo Colla Editore, Vicenza 2008) afferma: 

Il DSM in quanto classificazione perversa della perversione, dei perversi e delle perversioni sessuali per certi versi realizza in forma mortifera il grande progetto di una società sadiana: abolizione delle differenze, riduzione dei soggetti a oggetti posti sotto sorveglianza, supremazia di un’ideologia disciplinare su un’etica della libertà”. 


La vicenda della derubricazione della omosessualità dal DSM è esemplare. Mostra come talvolta il discorso scientifico ceda le armi alla convenienza ideologica. Diversi termini sono stati tolti o rimaneggiati in quanto, principalmente, ritenuti eccessivamente stigmatizzanti, come è accaduto a diverse altre definizioni come quella di perversione (diventata parafilia) o alcolismo. Nel 1973 la maggiore associazione psichiatrica americana, l’APA (American Psychiatric Association), derubrica la voce omosessualità dal DSM lasciando tuttavia l’espressione “omosessualità egodistonica”.


 Sulla scia di questa decisione, anche l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la cancella dal suo manuale diagnostico ICD (International Classification of Disease) dove tuttavia nel 1991, rimaneggiando la formulazione, lascia la definizione di un disagio – classificato come F66.1 – relativo a “un persistente disturbo rispetto al proprio orientamento sessuale percepito come indesiderato” e “suscettibile di trattamento quando richiesto dal soggetto”. La decisione di derubricare l’omosessualità dal DSM non è stato il frutto di un dibattito scientifico, ma di una operazione ideologica. In quegli anni gli attivisti gay organizzavano accese manifestazioni in occasioni delle riunioni della Commissione Nomenclatura dell’APA, chiedendo e ottenendo di partecipare agli incontri.


 Da quel momento il dibattito scientifico fu sospeso e sostituito da discussioni di carattere politico ed ideologico che sfociarono nel 1973 nella decisione di mettere ai voti la questione tramite appositi questionari. Nell’aprile del 1973 votarono 10.091 membri su 17.029 aventi diritto; più di 400 votarono scheda bianca. 3810 votarono contro la decisione della commissione, 5854 membri votarono invece a favore. Dunque la derubricazione passa con 5854 voti a favore e 3810 contro.


Nel DSM IV rimase la voce “omosessualità egodistonica” che fu riformulata in una succesiva revisione attuata nel 1987. Il riferimento all’omosessualità egodistonica, nonostante affermazioni contrarie, è tuttora presente nel DSM sebbene formulata in modo debole. Si tratta della sigla classificata come 302.9 e definita come “disturbo sessuale non altrimenti specificato”. Negli esempi riportati in questa voce il terzo esempio recita: “Persistente e intenso disagio riguardo all’orientamento sessuale”.


Le affermazioni di coloro che sostengono trionfalmente che l’omosessualità, in base a criteri “scientifici” sanciti dal DSM, non è più considerata una malattia, risultano dunque non veritiere. Il “disturbo” relativo all’orientamento sessuale è rimasto, anche se con la giusta premessa, esplicitata dal ICD-X secondo cui “l’orientamento sessuale in sé non deve essere considerato un disturbo”.


“Concetti come psicosi, nevrosi, perversione – afferma la storica Roudinesco – furono sostituiti dalla nozione debole di ‘disturbo’ (disorder) e le entità cliniche vennero abbandonate a beneficio di una caratterizzazione sintomatica di questi famosi disturbi. […] Nel tentativo di evitare ogni controversia, le successive versioni del DSM finirono per abolire l’idea stessa di malattia. […] Preoccupati anche di preservare le diversità culturali, gli autori del DSM si posero il problema di sapere se le condotte politiche, religiose o sessuali cosiddette ‘devianti’ dovessero essere o meno assimilate a disturbi del comportamento. Ne trassero una conclusione negativa ”.

 

In definitiva, al di là delle parziali derubricazioni o delle differenti formulazioni operate nel corso dei decenni dalle commissioni del DSM e del ICD, rimane la constatazione secondo cui la “questione omosessuale” è stata, di fatto, sempre più sottratta alla riflessione e all’elaborazione clinica per essere situata eminentemente come una questione sociale.

FONTE: http://orientamentosessuale.blogspot.it/2013/04/breve-storia-della-derubricazione.html



Spiace notare come Palma faccia “autogol” proprio dicendo che «gli psicologi, secondo il Codice Deontologico, non possono prestarsi ad alcuna “terapia riparativa”». E’ proprio il Codice Deontologico degli psicologi che, nell'articolo 4, afferma: “Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori”.


Come si concilia il «diritto all’autodeterminazione e all’autonomia del paziente» col rifiuto di terapie che accolgano il bisogno che egli esprima di modificare il proprio orientamento sessuale? Se una persona credente con tendenze omosessuali si rivolge ad un terapeuta perché queste gli causano disagio, lo psicologo può derogare al rispetto di «opinioni e credenze»?
E’ doloroso dover constatare che, al di là dei proclami elettorali e delle strumentalizzazioni ideologiche, queste persone, che hanno bisogno di ascolto e sostegno, non vengono ascoltate.

Ci si limita a mettere all’indice le terapie riparative, a mettere alla berlina le associazioni e i gruppi che accolgono e sostengono chi sperimenta questo dolorosissimo disagio e si finisce per dimenticare di prendersi cura di loro.

20 settembre 2013

—————————————————————————————————-

1 Greer, M. (2004). Labels may oversimplify women’s sexual identity, experiences. Monitor on Psychology, 35(9), 28


LE DITTATURE CORPORATIVE DELLA LOBBY DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI ITALIANI CONTINUANO


In data 23/08/2013, Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, ha ritenuto opportuno precisare la propria posizione in merito a quanto pronunciato da Giancarlo Cerrelli, vicepresidente Unione Giuristi Cattolici Italiani, all’interno del programma televisivo “Unomattina Estate” dello scorso 20 agosto.
Ha ribadito che «gli psicologi, secondo il Codice Deontologico, non possono prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona» e che «affermare che l’omosessualità possa essere curata o che l’orientamento sessuale di una persona si debba modificare (…) è una informazione scientificamente priva di fondamento».
Riteniamo doveroso fare alcune precisazioni in merito a tali affermazioni, affinché questa spinosa questione possa essere affrontata in modo corretto.
Vogliamo sottolineare, con forza, come le dichiarazioni di Palma siano scorrette per due fondamentali motivi.

  1. Come evidenziato in questi giorni da molte testate, ad essere priva di fondamento è l’affermazione di Palma, che sembra lasciar intendere che “omosessuali si nasce” e non si può cambiare. Diversamente da quanto sostenuto da Palma, la comunità scientifica internazionale non ha rigettato le terapie “riparative”. L’APA (“American Psychiatric Association”) semplicemente sostiene che non vi siano prove a supporto, pur trovandosi a riconoscere pubblicamente il concetto di “fluidità dell’orientamento sessuale”. In uno studio è stato, infatti, mostrato come 11 donne exomosessuali da 10 anni hanno modificato il loro orientamento sessuale mantenendo per oltre 30 anni relazioni normali con uomini”.1
    La possibilità del cambiamento nell’orientamento sessuale è inoltre sostenuta da moltissime testimonianze.
    Alcune sono ormai note:
    • Luca Di Tolve, Mister Gay Italia ed exattivista, convertito, oggi sposato e fondatore con la moglie dell’Associazione Gruppo Lot Regina della Pace Onlus;
    • Andy Comiskey, ex gay e fondatore di “Living Waters”;
    • Michael Glatze, ex fondatore di Young Gay America.
    Altre, meno famose, sono reperibili in diversi siti, tra cui www.narth.com e www.peoplecanchange.com
    Altre ancora, la maggior parte, sono quelle silenziose delle centinaia di persone appartenenti alle associazioni e ai gruppi di ex-gay (ad esempio, l’Associazione Gruppo Lot Regina della Pace) che con la loro vita di tutti i giorni, testimoniano la verità: “cambiare si può!”
    Ma, se questo non bastasse, il manuale diagnostico ICD-10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta il disturbo F66.1 “Orientamento Sessuale Egodistonico”, specificando che «l’identità di genere o la preferenza sessuale (eterosessuale, omosessuale, bisessuale o prepuberale) non è in dubbio, ma l’individuo desidererebbe che fosse diversa a causa di disordini psicologici e del comportamento associati, e può cercare un trattamento per cambiarla».
  2. In secondo luogo, vogliamo denunciare ancora una volta la campagna diffamatoria e denigratoria in atto nei confronti delle terapie “riparative”, che mira a presentarle come strumenti manipolatori, totalmente ascientifici e ispirati da un cattolicesimo oscurantista e retrogrado. La terapia cosiddetta “riparativa”, il cui principale esponente è il dottor Joseph Nicolosi, non è affatto basata sulla coercizione o sul presupposto che l’omosessualità “debba” essere cambiata, quanto piuttosto sul fatto che “possa” essere cambiata. Il testo “Identità di genere – Manuale di orientamento” di Nicolosi, fin dalle prime pagine sottolinea come la terapia riparativa non possa nemmeno iniziare se il paziente non è esplicitamente insoddisfatto del suo orientamento sessuale e quindi intenzionato a modificarlo.









Ass. Agapo
Ass. Alleanza Cattolica Movimento Europeo per la Difesa della Vita e della Dignità Umana
Ass. Famiglia Domani
Ass. Gruppo Lot Regina della Pace
Ass. Medici Cattolici di Brescia
Ass. Obiettivo Chaire
Ass. Scienza & Vita – Bergamo
Ass. Scienza & Vita – Brescia
Agenzia Corrispondenza Romana
Bergamo Pro Life – Coordinamento MpV-S&V Bergamo
Confederazione italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità
Dott. Alessandro Meluzzi, Psichiatra e psicoterapeuta
Dott.ssa M. Ceriotti Migliarese, Neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta
Dr.ssa Silvia Ceriani, medico fisiatra
Prof. Mario Binasco, psicoanalista e docente
Prof. Massimo Gandolfini, neurochirurgo, neuropsichiatra


Eccolo pubblicato da:

Il blog di Luca

Autore: Luca Di Tolve 05 apr, 2024
Un matrimonio fallito e risorto: la testimonianza di Elisabetta e Alfonso
Autore: Luca Di Tolve 11 gen, 2024
Papa Francesco, la menzogna, il compromesso e la confusione generano la divisione e producono frutti marci: il sospetto e la guerra tra fratelli.
Autore: Luca Di Tolve 21 set, 2023
PERCORSI PER GUARIRE DALLE FERITE DEL CUORE
Autore: Luca Di Tolve 26 giu, 2020
Su YouTube un'interessante diretta
Autore: Luca Di Tolve 26 giu, 2020
da sabato 15 a domenica 16 maggio 2021
04 giu, 2020
di Frank Doyle 14-09-2013 (fonte: www.lanuovabq.it) Il punto maggiormente controverso della prossima legge contro l’omofobia sembra concernere la libertà di espressione, tant’è che alcuni parlamentari cattolici si sono detti disposti a votare la legge purché sia garantita a sacerdoti e catechisti la possibilità di esprimere pubblicamente quanto prevede la morale cattolica circa l’omosessualità. Pochi mettono […] L'articolo Suicidi dei gay, l’omofobia non c’entra proviene da Regina della Pace.
Poster della tavola rotonda
Autore: Luca Di Tolve 04 giu, 2020
Torna il dibattito sull'ideologia gender con Gianfranco Amato (Presidente dei Giuristi per la Vira) e Luca di Tolve, formatore per lo sviluppo dell'identità sessuale e autore del Progetto LUCA.
Autore: Andrea Zambrano 02 giu, 2020
Mar 6, 2020 - Luca di Tolve contro la Proposta di legge Zan che legalizza l'omofobia nel bel ... La prende con una punta di ironia, ma Luca Di Tolve sa che il PdL Zan sull'omofobia in discussione alla Camera potrebbe ... Le terapie riparative sono nuove? ... La Nuova Bussola quotidiana
Autore: Luca Di Tolve 19 feb, 2020
Il «gene gay»? Non esiste! Questa volta non arriva dalle varie opinioni o teorie personali , ma come " tuona" dal titolo finalmente possiamo affermare con autorevolezza ciò' che da sempre noi abbiamo sostenuto. Questo e' emerso anche sulla base di altri studi meno recenti e inoltre, aggiungo, anche sulla esperienza di cambiamento di tanti noi ora ex-gay vissuta sulla propria pelle. Ora la scienza dimostra ciò che per anni i fondatori della psicologia come Adler, Jung ,Froid e altri autorevoli sociologi e scienziati , hanno sempre sostenuto che omosessuali non si nasce ma si diventa. Il gene gay tanto desiderato da una certa lobby non esiste. Ma, come molto evidente oggi più' che mai , certo per chi lo vuole vedere, si tratta soltanto di propaganda politica e di un'agenda ben costruita dai piani alti e da una certa élite che vorrebbe creare il consumatore perfetto e distratto, dettato dalla legge del desiderio. L'obiettivo di questa agenda, infatti, non e' certo quello di essere attenta e perdersi cura del reale e profondo bisogno della persona, bensì' è creare una società' compulsiva , non solo riferito alle persone con pulsioni per lo stesso sesso, ma in generale. Le persone più' vulnerabili e fragili, vengono cosi' sedotte e conquistate e spinte a dare libero sfogo ai loro desideri, impulsi e passioni. Questo vivere, a lungo andare, porta alla distruzione della persona e genera vuoti sempre più' profondi proprio perché' i reali bisogni della persona non vengono riempiti nella maniera sana. Ecco perché' noi facciamo della nostra vita una battaglia per capire il reale e vero bisogno della persona che si nasconde dietro alle tante ferite o maschere illusorie. Solo nella Verità in Cristo e la ragione possiamo ritrovare il meraviglioso potenziale che ognuno ha dentro di se' e farlo emergere in tutta la sua bellezza e pienezza, cosi' come Dio ha pensato fin dall'inizio. Ritornando quindi al titolo : Il gene dei gay, non esiste!, ribadiamo la convinzione che per chi lo vuole, come ogni comportamento o inclinazione, cambiare si può'!! Quindi: sempre liberi di scegliere!! Articolo Fonte: Corriere della Sera 29 agosto 2019 nel articolo :I dati arrivano da un enorme studio pubblicato sulla rivista «Science» e coordinato da Andrea Ganna, un ricercatore italiano del Massachusetts Institute of Technology di Adriana Bazzi Il «gene dei gay»? Non esiste. Conferma da mezzo milione di Dna Il «gene dei gay» non esiste. Qualcuno ci aveva provato in passato a formulare questa ipotesi, ma ora un gigantesco studio genetico taglia la testa al toro: non ci sono «segni particolari» nel Dna che possano predire un’eventuale omosessualità. Lo studio ha analizzato il patrimonio genetico di oltre 470 mila persone alla ricerca di specifiche alterazioni che potessero prevedere l’ attitudine a instaurare rapporti sessuali con persone dello stesso sesso. Ma non ne ha trovate. Un mix genetico-ambientale Il che significa, precisano i ricercatori, che l’attrazione per persone dello stesso sesso ha a che fare più che con un singolo gene, con un mix di fattori genetici (sì, perché esistono migliaia di varianti genetiche, ma non significative, secondo quanto ci dice questo studio) e ambientali, così come accade per decine di altri comportamenti umani. I ricercatori, guidati da Andrea Ganna che lavora al Center for Genomic Medicine del Massachusetts General Hospital di Boston e al Broad Institute del Mit (Massachusetts Institute of Technology) sempre a Boston, hanno voluto rispondere a una serie di quesiti finora non risolti. Fattori biologici Intanto una premessa. Nelle diverse società e in entrambi i sessi, dal 2 al 10 per cento degli individui dichiara di avere rapporti sessuali con persone dello stesso sesso o esclusivamente o in alternativa con partner di sesso diverso. I fattori biologici che contribuiscono alle preferenze sessuali sono pressoché sconosciuti, ma è stata ipotizzata un’influenza genetica dal momento che certi comportamenti omosessuali si ripresentano nei membri di una stessa famiglia e anche fra fratelli gemelli sia omozigoti che eterozigoti. Da queste osservazioni preliminari sono emerse alcune domande. Etero e bisex La prima: quali geni sarebbero coinvolti e quali processi biologici influenzerebbero? In passato sono stati condotti alcuni studi alla ricerca di varianti genetiche legate all’orientamento sessuale, ma erano molto piccoli e non guidati dagli attuali criteri di analisi genetica. L’idea era quella di trovare anomalie ormonali correlate a questi comportamenti. Seconda domanda: eventuali modificazioni genetiche come potrebbero agire diversamente su persone di sesso maschile e di sesso femminile? E su cosa influirebbero: sul comportamento, sull’attrattività, sull’identità? E che ruolo avrebbero, invece, per eterosessuali ed eventualmente bisessuali? L’analisi «genome-wide association» A queste domande, dunque, ha voluto rispondere lo studio pubblicato su Science (condotto con la collaborazione di numerosi gruppi americani, europei e australiani) che ha sfruttato l’approccio «genome-wide association» (in pratica si tratta di un’analisi di tutti, o quasi tutti, i geni di diversi individui di una particolare specie per determinare le variazioni genetiche tra gli individui in esame) su omosessuali. I ricercatori hanno sfruttato i dati genetici raccolti nella Uk Biobank del Regno Unito e quelli dei partecipanti al progetto 23andMe americano, per un totale, appunto di 470 mila persone. Delle conclusioni generali abbiamo già detto. Varianti legate all’olfatto Più nel dettaglio. I ricercatori avrebbero identificato cinque varianti «significativamente» associate all’omosessualità e altre migliaia con una qualche influenza, ma prese singolarmente non hanno nessun valore nel predire i comportamenti. E fanno notare che alcune hanno a che fare con l’assetto ormonale e altre addirittura con l’olfatto. Un invito alla cautela Ma sottolinea Ganna: «Le nostre osservazioni gettano una qualche luce sui comportamenti biologici legati all’omosessualità. È necessario però astenersi da facili conclusioni perché i comportamenti umani sono complessi. E soprattutto dallo sfruttare questi risultati, ancora rudimentali, per facili propagande politiche».
Altri post
Share by: